“La Keller non può ripartire”

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La vicenda Keller ha dei lati oscuri che stanno emergendo in modo preoccupante. Qualcuno non crede alla chiusura dello stabilimento a causa della crisi economica, ma pensa ci siano altri motivi che potrebbero portare alla luce fatti e risposte a questo “fallimento”.

“La Keller ha accumulato debiti per quasi 100 milioni di euro, non ha attualmente commesse in cantiere e non esistono offerte credibili da parte di possibili acquirenti. Inoltre gli impianti, fermi da oramai troppo tempo, sono obsoleti e sarebbero necessari ingenti investimenti per il loro riavvio. Quanto dico è contenuto nei documenti che il tribunale ha messo a disposizione di dipendenti, rappresentanti sindacali e politici, incluso l’assessore regionale Maria Grazia Piras, e sfido chiunque a dimostrare il contrario. L’atteggiamento del Sindaco di Villacidro Teresa Pani, che si dichiara fiduciosa nella riapertura degli stabilimenti, ma che si rifiuta di convocare un consiglio comunale aperto per affrontare la vertenza Keller risiede proprio in questa consapevolezza”.
Un racconto fiume quello dell’ ingegnere della Keller Antonio Muscas, anche lui finito nel calderone dei dipendenti licenziati. Non si da pace e vuole capire il perché una fabbrica dalle enormi potenzialità è finita col “culo in terra” nel giro di pochissimo tempo. Certo, non è difficile capire che ci sia sotto qualcosa, ma cosa? Il suo, quello dell’ ingegnere, ex dipendente, non è negativismo, ma voglia di capire, un atteggiamento che dovrebbero avere tutti gli ex operai Keller e non soffermarsi a comunicazioni sindacali, in certi casi, a dir poco assurde e prive di fondamento. Alcuni operai al termine dell’ultima riunione di fronte all’ingresso dello stabilimento si avvicinano per confidarci sottovoce: “Sappiamo bene che le offerte pervenute per rilevare lo stabilimento sono poco attendibili, ma era l’unico modo per ottenere la proroga della cassa integrazione”. I proclami degli ultimi giorni, secondo Antonio Muscas, avrebbero quindi “il solo scopo di fare propaganda e nutrire speranze vane”. Alla fine di una lunga vertenza durata più di quattro anni, tutto il personale Keller, a eccezione di 4 unità, con espressa volontà da parte dell’azienda è stato licenziato ai primi di Agosto. Perciò, ancora secondo Antonio Muscas, l’azione portata avanti dalle forze politiche e sindacali avrebbe il solo scopo, probabilmente infruttuoso, di spostare in avanti il periodo di preavviso del licenziamento con degli aggravi a carico dei firmatari che hanno così rinunciato ad ogni tipo di copertura per il periodo di proroga. I licenziamenti quindi resterebbero in vigore, e, non essendo cambiate le condizioni precedenti, senza possibilità di revoca, né dal MISE, né dal tribunale di Cagliari. Questo tentativo apparirebbe quindi ad alto rischio, perché, alla luce di scadenze improrogabili, potrebbe comportare per i lavoratori la perdita di tutti i diritti oggi garantiti. La vertenza Keller, iniziata nel 2010 quando la proprietà dichiarò di avere problemi di liquidità in conseguenza di difficoltà con i trasporti marittimi e di alcuni contenziosi con Trenitalia, mise in luce un buco di circa 14 milioni di euro in buona parte causato da investimenti a rischio e oltre 6 milioni di euro di mancati versamenti contributivi. Da lì in poi è stato un susseguirsi di promesse e falliti tentativi di rilancio; da ultimo, l’entrata in scena della NSR – “una società dubbia, ultimo tassello di un sistema di scatole cinesi”. Da allora tutti i tentativi di rilancio e rilevamento sono stati sempre ostacolati dal fermo rifiuto da parte delle banche a concedere prestiti per dei progetti dimostratisi poi poco credibili. Questa vicenda rappresenterebbe quindi nient’altro che la logica conseguenza di una società finita nelle mani di personaggi che perseguono un solo scopo, ben evidente dal loro storico e dai documenti messi a disposizione dal tribunale. “Bisognava denunciare allora le anomalie e l’azione politica e sindacale avrebbe dovuto puntare a sottrarne il controllo a chi lo deteneva – dichiara ancora Antonio Muscas – e oggi è troppo tardi per qualunque azione di commissariamento. La politica che si sarebbe dovuta e si dovrebbe occupare di creare alternative credibili e perseguibili, ostacolando in tutti i modi chi arreca danni intenzionalmente, invece latita e va avanti a furia di proclami, quando non è complice o al servizio di chi nutre interessi altri. E così oggi questi lavoratori si trovano invischiati in un limbo dal quale non è possibile intravedere la via d’uscita”.

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