Alessandro Loddi: “La “fotografia” è aperta a chi merita e a chi ama lo scatto”

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Giovane ma non troppo, un impostazione culturale di stampo umanistico, un sogno nel cassetto, una bella macchina fotografica in mano. Questo è Alessandro Loddi, 30 anni o giù di lì, villacidrese seriamente appassionato alla fotografia.

Vorrebbe farne un mestiere, forse è già riuscito nell’intento, grazie ad una serie di collaborazioni ed esposizioni di tutto rispetto, però Alessandro sicuramente ha un merito, quello di rappresentare perfettamente la tenacia di una generazione che non solo è stata privata dalla possibilità di condurre una vita vicina agli standard dei propri genitori, ma che da molti punti di vista l’ha totalmente rifiutata. Occorre creare quindi nuovi scenari, nuovi modelli e nuovi miti che galvanizzino lo spirito di sopravvivenza nella zattera della società moderna. Alessandro si diploma al liceo classico. La produzione culturale moderna lo affascina. E’ in cerca di qualcosa in cui concentrare la sua vitalità artistica. L’università non basta, forse non si laureerà mai, ma non importa.

Sospinto dal grande sviluppo dell’era digitale si fa incantare dalla voracità della fotografia. Prima attraverso l’osservazione diretta dei tanti ragazzi che, con in mano una reflex ed a casa un lap top, riescono a fare magie, le stesse magie che ritrova nei libri di storia dell’arte e nei cataloghi delle grandi esposizioni. Stordito dalla musica indipendente, abbagliato dai riflettori dei concerti che lo mettono in contatto con la parte viva della generazione artistica di strada, si abbandona al dolce cullare degli scatti ottenuti al premere del pulsante di una nikkon di ultima generazione. Il piacere è quasi orgasmico. Primi critici gli amici, molto spesso più che compiacenti. Perché non tentare? Perché non abbandonarsi al piacere ed all’autocompiacimento  di una vita nuova, in cui arte, lavoro e vita si fondono assieme? Cominciano le collaborazioni, i confronti e gli studi. E’ un susseguirsi di esperienze concatenate, tra alti e bassi, gite e concerti in cui dare sfogo a tutta la propria forza vitale. L’archivio si arricchisce di modelli e tendenze differenti.

Forse Alessandro vorrebbe trovare un suo stile, per ora l’eclettismo si mischia ad una casualità a volte ostentata. Potrebbe essere una via. Occorre però concentrarsi sulla fase remunerativa della professione. Anche qui il caso è emblematico. Gli esempi che ha di fronte sono studi fotografici tradizionali. Una bottega con un certo non so che di artigiano spesso a gestione familiare, che la digitalizzazione non è ancora riuscita a mettere in ginocchio. Forse Alessandro desidererebbe un suo ufficio, in una affollata via del centro, ma non di certo simile agli studi fotografici che si incontrano per le vie dei paesi. Dall’incontro con il vero lavoro del fotografo alla scoperta dei servizi matrimoniali il passo è breve.

I primi lavori risentono dell’impressione provocata dalle persone fotografate. Non riesce a creare l’atmosfera perfetta. Negli ultimi album la musica cambia. Alcuni scatti propongono un atmosfera tersa, quasi hollywoodiana degli anni 50. Questa è la carta vincente di Alessandro. Se riuscirà a dominare questo o un altro stile avrà dato vita ad un marchio di fabbrica, vero punto di partenza per il riconoscimento in ambito fotografico. La musica, i concerti e gli ambienti giovanili che bazzicano attorno alla più volenterosa ed esteta  classe sociale giovanile rimangono, per ora, il punto fermo della sua volontà più prettamente artistica. Correlata a queste, ma anche unite alla piccola imprenditorialità sarda rimangono i cardini delle sue potenzialità lavorative. Tutto si chiude così come è iniziato: “Il mondo della fotografia è fertile, aperto a chi merita e a chi ama lo scatto”.

Villacidro.info

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